A che gioco giochiamo? Ecco come è andata

 

Ci avete mai pensato che, in fondo, la scuola è un grande gioco? Avete mai pensato di essere pedine o abili strateghi dietro una partita lunga un anno? Vi siete mai soffermati a riflettere su quanto potere abbiate voi o abbiano gli altri nel vostro game, sul vostro campo da gioco, che sono poi le vostre aule, i vostri plessi, i vostri istituti?

Insieme ad altri 50 insegnanti circa, di ordini e gradi di scuole differenti e provenienti da diverse regioni d’Italia, e con il prezioso aiuto di relatori e formatori, ho avuto l’occasione di riguardare la scuola, di rileggere le dinamiche di classe, degli alunni, dei docenti, dell’intero istituto proprio come si può riguardare una partita di Risiko persa o una mano di briscola particolarmente vincente, comprendendo come, a volte, quello che sta dietro la vittoria o la sconfitta sia quasi più importante del risultato.

E allora, come i bambini che cambiano le loro dinamiche di gioco, anche noi ci siamo trovati, in modo saggio e altrettanto sano, a pensare di cambiare le regole dei nostri giochi, del nostro lavoro, meditando su quanto poco rilevanti siano alcune regole che, invece, a volte, appaiono fondamentali. Pensate quanto possano essere irrilevanti nel gioco della classe per la creazione di un clima sereno e positivo quanti siano gli alunni, se le penne siano cancellabili o meno e se la copertina del quaderno di storia sia gialla o arancione e a come spesso, invece, questi aspetti diventino vincolanti per l’insegnante. È come a nascondino: dobbiamo sapere cosa vogliamo fare,

dove vogliamo arrivare, come vogliamo divertirci per sapere quali regole mettere e non il contrario.

Abbiamo compreso che, alla fine, per giocare conta essere flessibili, che a volte le partite riescono meglio se qualcuno mescola le carte in tavola, accettando che non tutti debbano necessariamente giocare tutto alla stesso modo, che non tutti siamo uguali, che a non tutti piace giocare e che, a volte, potrebbe essere divertente e funzionale al gioco stesso che le regole le detti qualcun altro. Quante volte i nostri alunni possono realmente avere in mano il potere di decidere a che gioco giocare? Quante volte glielo lasciamo? Quanto gli permettiamo di stupirci? Quante volte ci siamo permessi di uscire dal nostro ruolo di insegnanti per entrare, anche noi, in quello di scolari, costruendo insieme ai nostri bambini e ragazzi il sapere?Fotogruppo2In modo prima teorico e poi soprattutto operativo, ci è stata data la possibilità di comprendere il significato di tutto questo: dalla regola flessibile a una flessibilità che fa vivere gli imprevisti come possibilità; da un nuovo sguardo vissuto come una potenzialità di cambiamento a un ruolo che non è più un peso, ma una risorsa che favorisce una partecipazione che coinvolge e diverte perché in fondo è per questo che si inizia una partita, anche quella dell’insegnamento

Sara Minazzi

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Ecco anche cosa abbiamo visto (Le bellezze della sede a Costabissara e in giro per Vicenza)

https://drive.google.com/file/d/1tXYVHZoUsO8reorPD-iLE_nzcHHcb7eg/view?usp=drivesdk

 

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